IL RUOLO DELL’INFERMIERE NEL PIANO NAZIONALE CRONICITA’
Importanti novità nella bozza del piano nazionale delle cronicità, anticipata da Il Sole-24 Ore Sanità. A darne notizia è il sito dell’IPASVI nazionale, che spiega come in ospedale e sul territorio a vegliare sui malati cronici ci saranno due figure prioritarie: il medico e l’infermiere. Il primo come tutor nella diagnosi e nella scelta della terapia, il secondo 24 ore su 24 seguirà, in un team di cui è anche care manager, il paziente in tutto il percorso necessario alla sua assistenza. La bozza del Piano nazionale della cronicità è ormai quasi pronta per la firma di ministro e Regioni, e prevede modelli e figure che devono affiancare il malato cronico dal suo eventuale ricovero alla vita di tutti i giorni illustrando anche l’organizzazione di cura e assistenza per dieci patologie specifiche: malattie renali croniche e insufficienza renale; artrite reumatoide e artriti croniche in età evolutiva; rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn; insufficienza cardiaca cronica; malattia di Parkinson e parkinsonismi; BPCO e insufficienza respiratoria cronica; insufficienza respiratoria in età evolutiva; asma in età evolutiva; malattie endocrine in età evolutiva; malattie renali croniche in età evolutiva. In ospedale In ospedale le cronicità si assistono su tre livelli: un livello di intensità alta che comprende le degenze intensive e sub-intensive; un livello di intensità media che comprende le degenze per aree funzionali (area medica, chirurgica, materno infantile) e un livello di intensità bassa dedicata a pazienti post acuti. Il medico, a cui è affidata la responsabilità clinica del paziente, concorre alla cura secondo le proprie competenze e l’infermiere, a cui è affidata la gestione assistenziale per tutto il tempo del ricovero, valorizza appieno la propria capacità professionale. Poi c’è la figura del tutor medico e del team infermieristico dedicato. Dal momento del ricovero fino alla dimissione il paziente verrà affidato a un unico interlocutore, il tutor medico, che lo seguirà per tutto il percorso diagnostico e terapeutico. Il team infermieristico è un gruppo costituito da infermieri esperti, individuati secondo criteri quali la formazione avanzata/specifica sulla patologia o sulle procedure, l’esperienza lavorativa o l’assistenza diretta in area critica, la partecipazione a corsi di formazione, la motivazione ad approfondire lo specifico ambito clinico o procedura. Sul territorio Sul territorio il percorso del paziente con patologia cronica deve essere condiviso e gestito da un team composto da diverse figure (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri, specialisti territoriali e ospedalieri, assistenti sociali ecc.) in una logica di collaborazione e corresponsabilità, individuando il soggetto responsabile della gestione del percorso di cura. Il team, adeguatamente formato sui principi del modello di cura delle cronicità, deve saper usare al massimo i sistemi di comunicazione interpersonale, compresi gli strumenti della comunicazione a distanza (ICT), di cui dovrà essere dotato. Deve poi raccogliere i dati clinici delle persone che assiste, per la successiva valutazione degli interventi in base agli indicatori proposti. Tutti i dati raccolti debbono essere a disposizione di ogni componente del team e, ovviamente, della persona affetta dalla malattia o in stato di rischio. Ogni componente del team, compresa la persona malata, può introdurre dati utili con modalità riconoscibili da parte degli altri componenti. I dati raccolti serviranno anche per calcolare correttamente gli indicatori di processo e di risultato, utili alla definizione dell’adeguatezza dei processi e alla valutazione di esiti. E almeno uno degli infermieri svolge la funzione di “care management”, organizza il richiamo periodico dei pazienti, mantiene il collegamento diretto con il “tutor” ospedaliero, organizza la partecipazione a programmi educativi di gruppo. Importante è ovviamente l’assistenza sul territorio e il piano in questo senso spiega che un sistema di governo clinico e di gestione integrata deve prefiggersi, tra gli obiettivi primari, di ridurre i ricoveri impropri e anche quelli, certamente più numerosi, che, seppure appropriati, originano da una carenza di assistenza e dall’insorgenza di complicanze croniche. L’assistenza pro-attiva esercitata da tutti gli attori della rete, ciascuno per le proprie competenze, è lo strumento per prevenire le complicanze che necessitano di ricovero e, in ogni caso, per mettere in atto tutte le misure di riconoscimento precoce delle complicanze. L’assistenza ambulatoriale, integrata da tutti gli attori della rete, è la formula più appropriata per la persona con cronicità. Quali strutture Le strutture di elezione che il piano indica sul territorio sono l’ospedale di comunità che consente l’assistenza alla persona e l’esecuzione di procedure clinico-assistenziali a media/bassa intensità e breve durata, per la gestione appropriata di patologie momentaneamente scompensate o riacutizzate con rischio sociale variabile e i reparti ospedalieri a gestione infermieristica, strutture che consentono di accogliere pazienti affetti da patologie croniche in fase di stabilizzazione e sono adatti a favorire le dimissioni protette. Ruolo chiave per gli infermieri, poi, anche nell’assistenza domiciliare integrata, in quella presso le strutture residenziali e incontri diurni dove sia i trattamenti intensivi, di cura e mantenimento funzionale, sia quelli estensivi di cura e recupero funzionale a persone non autosufficienti con patologie che richiedono elevata tutela sanitaria con continuità assistenziale richiedono la presenza infermieristica sulle 24 ore. Ribadito il ruolo fondamentale degli erogatori dell’assistenza primaria (verso i quali il paziente ha stabilito un proprio rapporto fiduciario), la presa in carico da parte di altre figure, quali lo specialista, dipenderà dalla complessità dei bisogni della persona, ferma restando la condivisione delle principali scelte di trattamento. La “presa in carico” va quindi considerata un ‘prodotto assistenziale’ basato su un metodo e su criteri valutativi condivisi, che includa specifici strumenti ‘patient-centred’, , o la ‘comunicazione della diagnosi’ calibrata sulle caratteristiche del paziente, indispensabile per stabilire il ‘Patto di cura’ con il paziente ed i suoi caregiver di riferimento. In tutto questo, suggerisce il piano, può essere utile il ricorso ad un ‘case manager’ che rappresenti il riferimento stabile del paziente e dei suoi caregiver fin dal momento della presa in carico. Il follow up infermieristico, anche telefonico, può divenire in questa fase uno strumento idoneo e sostenibile.