DOPO LE PROMESSE DI RENZI SULLE ASSUNZIONI VIA AI CONTRATTI, AFFERMA LA PRESIDENTE IPASVI
Ora non ci sono più alibi: i tavoli per il rinnovo dei contratti possono partire. Le risorse per il fondo sanitario sembrano essere confermate a 113 miliardi (o 112 più altre risorse), per i contratti sarebbe prevista una copertura finanziaria spalmata su quattro anni, fino al 2019, per caricare l’aumento retributivo sul bilancio dello Stato in un orizzonte temporale più ampio e perché nel 2019 difficilmente saranno subito aperti nuovi tavoli contrattuali. E per gli infermieri il via libera a nuove assunzioni arriva dalle affermazioni dello stesso Matteo Renzi che ieri sera intervenendo a una trasmissione televisiva ha dichiarato: “Rivedremo le regole del turn over, oggi limitato al 25%, per due categorie, Forze dell’Ordine e personale sanitario, soprattutto infermieri, perché non possiamo vedere gente che invecchia sulle strade o stando in corsia. Per questo faremo concorsi, concorsi veri senza gli ‘amici degli amici’, per avere più Carabinieri per le strade e più infermieri giovani nell’assistenza”. Una strada assolutamente percorribile ormai, dopo che il Comitato di settore Regioni-Sanità ha risposto ai dubbi del ministero dell’Economia sull’applicabilità degli atti di indirizzo che ministero della Salute e Regioni hanno approvato e anche corretto per tranquillizzare i tecnici di Padoan: i contratti che si faranno non sono un rischio per la spesa. E sulla qualificazione di professionalità e personale e sul nuovo modello che da queste deriverà, non si discute e non si torna indietro. “Le Regioni e il ministero della Salute che del Comitato di settore fa parte – dichiara Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi – hanno mantenuto la promessa e non hanno ceduto alle pressioni dell’Economia che dietro il paravento del rischio di spesa ha cercato di vanificare le uniche certezze per i professionisti che possono venire dai nuovi contratti: crescita professionale e, legata a questa, una diversa organizzazione del lavoro che riconosca meriti e professionalità. Tutto questo nel anche se nonostante tutto la certezza di nuove risorse ancora non c’è, ma il Comitato di settore si dichiara pronto a “integrare” la suddivisione in caso di maggiori disponibilità. Inoltre -aggiunge – a quanto pare dalle dichiarazioni di Matteo Renzi, che vogliamo considerare non una promessa elettorale pre-referendum, ma una promessa legata alle reali esigenze del Paese, ci si è finalmente resi conto della situazione ai limiti della sopportabilità per gli organici: sono mesi ormai che la nostra Federazione denuncia la carenza di infermieri e i rischi legati all’innalzamento dell’età dei professionisti in servizio. Davvero una questione di sicurezza, che nel nostro caso è della salute e per risolverla servono almeno 17-18mila professionisti per far fronte a turni e riposi secondo le nuove regole Ue e altri 30mila per portare il rapporto ogni mille abitanti almeno a 6,3, contro i 9,1 medi nei paesi Ocse più avanzati”. L’ossatura del nuovo contratto: si conferma la crescita della professione Mangiacavalli, tornando all’impalcatura del nuovo contratto, sottolinea che sul versante degli infermieri la buona notizia (“ma una, dopo un silenzio di oltre sette anni, non basta davvero”, chiosa la presidente Ipasvi) è che in realtà nemmeno l’Economia ha mai messo in discussione la nuova figura del professionista specialista, ricorda che la novità del professionista esperto è ed è sempre stata ciò che le Regioni hanno chiarito nella nuova bozza di atto di indirizzo: non una sovrapposizione all’attuale livello DS, ma un nuovo livello di professionalità rispondente a determinati e precisi requisiti di formazione. Nella sua risposta all’Economia, il Comitato di settore sottolinea in questo senso la necessità di prevedere la revisione delle declaratorie di tutti i profili che fanno riferimento alla categoria D. Questa dovrà essere un “contenitore dinamico” dove collocare tutti i profili professionali titolari di incarico di coordinamento/posizione organizzativa e specialista. E anche qui il Comitato di settore tranquillizza l’Economia: la revisione avverrà con le risorse presenti nei fondi contrattuali, quindi non comporta un loro incremento, ma se questo dovesse avvenire per costi non previsti, la copertura sarà nell’ambito delle risorse disponibili per il rinnovo contrattuale. Il Comitato di settore poi respinge al mittente qualunque ipotesi di “corsa in avanti”, “rischio di spesa” o “carenza di controlli”: non si istituisce infatti – spiega – l’area delle professioni sociosanitarie, ma si ri-suddivide il personale in aree funzionali: sanitaria, dell’integrazione sociosanitaria, dei fattori produttivi e della ricerca. E per la certificazione della quantificazione del risparmio, possono essere previste delibere annue del collegio dei revisori, con un limite di utilizzo delle risorse certificate fissato al 50 per cento. Sempre sul versante economico, il Comitato di Settore ritiene siano finanziabili con risorse regionali ad hoc le eventuali posizioni organizzative che le singole Regioni possono autorizzare alle varie aziende in sede di approvazione e di applicazione degli atti aziendali. Il limite è la disponibilità delle Regioni ovvero i risparmi che effettueranno con la ridefinizione dei propri servizi sanitari regionali. “L’atto di indirizzo in realtà – spiega ancora Mangiacavalli sottolineando alcuni passaggi della risposta al Mef – non prevede, come ipotizzato dall’Economa, di unificare gli incarichi di coordinamento e di posizione organizzativa dal punto di vista economico ma di inserirli, riorganizzandoli funzionalmente, nel ‘contenitore dinamico’ già previsto per il livello D, per il cui riordino sono utilizzate le risorse disponibili nell’apposito fondo”. Anche per la dirigenza medico-sanitaria – di cui gli infermieri fanno parte dopo a riforma della Pubblica amministrazione – la musica è la stessa: il riordino del percorso di carriere avverrà, spiega il Comitato di settore al Mef, a parità di risorse ovvero rientrerà nella disponibilità dei fondi contrattuali e riguarderà la graduazione delle funzioni che le aziende attuano in base alla capienza dei fondi aziendali. Su straordinario, tempo determinato e indeterminato e compartecipazione del personale alla lotta agli sprechi, poi, il Comitato di settore fa presente al Mef che tutto è già previsto in precedenti contratti e, oltre la risposta ufficiale, fuga i fantasmi dell’Economia aggiungendo agli atti indirizzo alcune specifiche – non modifiche – evidenti e pleonastiche se si considera l’attuale situazione della finanza pubblica, che non richiedono nemmeno di precisare l’assenza di costi aggiuntivi. “Una situazione economica tuttavia – afferma Mangiacavalli – dalla quale è necessario uscire al più presto perché non si possono spremere ancora la responsabilità e direi anche la tolleranza dei professionisti sanitari che comunque non abbandonano e non hanno abbandonato mai servizi e pazienti. Tutto si fa isorisorse e tutto si fa con risparmi che in realtà derivano dallo stesso lavoro, appropriato, dei professionisti, ai quali in questo modo si chiede di investire ancora su se stessi, senza dare garanzie di un minimo recupero reale, se non altro di ciò che in questi sette anni è stato perso. Di miliardi, perché gli aumenti possano dirsi tali, ce ne vorrebbero almeno tre per ognuno dei tre anni del prossimo contratto, con due si potrebbero ricalibrare alcune situazioni oggi insostenibili, ma le prime voci sulla legge di stabilità, semmai fossero confermate, accennano a una soglia di 1,2 miliardi. Sono di più – conclude Mangiacavalli – dei 300 milioni ‘gettati’ nel calderone della manovra di bilancio nel 2016, ma restano comunque un sasso in uno stagno ormai da troppo tempo fermo che rischia di provocare ben poche ‘onde’ positive capaci di sbloccare la situazione ”.